Libri. Recensione de “L’americano” di Massimiliano Virgilio

NAPOLI – Il libro “L’americano” di Massimiliano Virgilio, Rizzoli editore, è un romanzo di formazione, anche se atipico, decisamente ricco di elementi narrativi che colpiscono tanto gli occhi quanto l’anima del lettore. Una storia, dipinta dall’autore, intrisa di umanità, di amicizia e di solitudine, di ricchezza e miseria, di ambizione e ossessione, di magia, un concetto vicino e al contempo lontano dal destino, una forza che “ti abitua alla sconfitta, ti fa accettare la realtà così com’è”, e di verità che “ti spinge alla ribellione, ti convince che il cambiamento è possibile”.

Esattamente come avviene nella vita reale, questi elementi non sono contrapposti, ma si mischiano, si confondono, entrano ed escono dalle storie dei personaggi e vanno a creare quella dimensione grigia, quelle sfumature proprie dell’esistenza umana, di chi sa bene che non può esserci solo il bianco e il nero.

La storia parte subito forte con la descrizione di una scena in cui un uomo, nell’oscurità, trascina un cadavere. Un’apertura noir, un seme letterario che si svilupperà più avanti nella lettura. Tuttavia quella noir è solo una delle componenti dell’opera, che racconta dell’incontro, a Napoli, dei due protagonisti che vivono sì nello stesso quartiere, ma allo stesso tempo in mondi opposti: Marcello, figlio di un impiegato al Banco di Napoli e appartenente a una famiglia borghese in ascesa; e Leo, l’americano, uno scugnizzo nato dall’unione di un camorrista e di una donna del Connecticut, da qui il suo soprannome.

L’amicizia nasce e cresce tra i due nonostante e grazie alle enormi differenze. Il primo, timoroso e riflessivo, subisce il fascino del secondo, coraggioso e deciso, e si ritrova catapultato in una realtà a lui distante, fatta di piccoli reati come bucare le ruote delle auto su commissione del gommista di quartiere, ma anche della ricerca, senza troppa convinzione, delle “malate”: presunte e leggendarie ragazzine facili della Napoli bene. Un rapporto, il loro, che si svilupperà durante gli anni ’80 e ’90 e che mostrerà al lettore diverse fasi del rapporto, alcune di queste generate indirettamente dagli eventi della storia italiana del tempo, come il sequestro Moro o la strage del rapido 904. Non manca infatti, da parte dell’autore, l’attenzione ai fatti nazionali, che vengono abilmente cuciti nel tessuto narrativo e che generano una serie di considerazioni e riflessioni, così come presente è lo sguardo critico, ironico, soprattutto onesto sulla città partenopea, né magnificatorio né disilluso, semplicemente realistico.

Il Paese e la città sullo sfondo di un’amicizia dunque difficile, con entrambi i protagonisti che, schiacciati dai rispettivi padri, pagheranno le conseguenze delle loro decisioni e colpe.

Dopo la morte del papà di Leo, il supereroe, voluta dal boss “Faccia di pietra”, e in seguito ai tentativi di Eduardo, il preoccupato padre di Marcello con la mente rivolta costantemente al futuro e con “l’odore della fogna appiccicato addosso”, di tenere il figlio separato “dall’americà”, la narrazione seguirà, attraverso la crescita e sempre maggior consapevolezza, gli sviluppi della vita dei due fino al punto in cui il cerchio verrà chiuso.

Un racconto reso ancor più interessante dagli intrecci e dai colpi di scena raccontati da quattro punti di vista diversi: Marcello, Leo, Eduardo e infine uno più oggettivo, in terza persona scritto in corsivo, che prendono per mano il lettore e lo accompagnano all’interno della storia, favorendone l’immersione totale.

Tre parole seguono i personaggi e abbracciano gli eventi, attraversando l’intero romanzo dall’inizio alla fine: “raccontaglielo, sopravvivi e raccontaglielo”.

Un viaggio negli ultimi 30 anni di storia italiana e napoletana, tra i pensieri e le emozioni dei personaggi descritti dall’autore. Un romanzo che tiene incollati alle pagine perché ansiosi di scoprirne il finale.

Dario Quattromani

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