IDAHOBIT a Caserta. Le testimonianze degli attivisti Arcigay

CASERTA – Mercoledì 17 maggio a Caserta, per la giornata contro l’omofobia, bifobia e la transfobia, si è svolta, in cooperazione con il Comitato Villa Giaquinto, la manifestazione dei ragazzi del Rain Arcigay Caserta Onlus,con alla guida il presidente Bernardo Diana. Gli attivisti portano avanti la lotta contro l’ignoranza e la paura o avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità, della bisessualità e della transessualità, con l’obiettivo di sensibilizzare sempre più il territorio.

L’evento, organizzato per la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, o IDAHOBIT, acronimo di International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia, è una ricorrenza promossa dall’Unione Europea che si celebra dal 2004 ogni 17 maggio. Per tutto il giorno è rimasta issata la bandiera del movimento LGBT sul palazzo del Comune di Caserta, in piazza Vanvitelli, mentre quella dell’associazione Arcigay è stata esposta presso le sedi provinciali della Cgil Caserta e la sede amministrativa centrale dell’associazione stessa, situata in via Verdi. La manifestazione si è svolta a partire dalle 12:30, quando il Comune di Caserta ha aderito alla Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (Rete RE.A.DY – ndr), presso la sala giunta del municipio di Caserta in piazza Vanvitelli. Successivamente, dalle ore 16:00 alle 18:00, è stato aperto il dibattito “Stop Omofobia” con la cittadinanza in Villa Giaquinto, mettendo a confronto le varie esperienze a cui sono andati incontro i ragazzi oggetto di discriminazione omofobica. Dalle ore 18:30 alle 20:30 è stato diffuso tra le piazze della città l’esperimento sociale “Io non ho paura”, con l’obiettivo di creare un contatto umano e sociale tra le differenze più intime di ogni persona. Infine, alle ore 21:00 il CinePride: è stato proiettato presso la sede dell’associazione il film C.R.A.Z.Y., quindi il successivo dibattito sulle tematiche affrontate in prima persona dai protagonisti del film stesso.

Al riguardo abbiamo incontrato i partecipanti per raccogliere le loro testimonianze: «Ho subìto per tanti anni la transfobia e, per chi non mi conosce, ho operato il cambio di sesso nel 2005, a 30 anni», così esordisce Simone di Giacomoantonio, che non ha paura di mettersi in gioco: «Sono più fiducioso nell’umanità rispetto a tanti anni fa, qualcosa sta cambiando e i risultati si vedono: da quando io mi fido di più, gli altri, allo stesso modo, mi sorridono di più. In passato ho avuto anche la volontà di realizzare un film (My Nature – ndr) che tratta la tematica proprio della transessualità, al fine di permettere alla gente di rendersi conto di quanto i dogmi che ci circondano si trasformino nel corso del tempo in vere e proprio domande, a cui non riusciamo mai a rispondere: la verità è che, invece, non siamo né bianco né nero, e la bandiera arcobaleno è l’esempio più pratico che sta a significare il complesso di emozioni che costituiscono la natura degli uomini. Le persone che criticano e discriminano sono in realtà le prime a essere tristi, e non possono neanche essere chiamate in qualche modo aguzzini, proprio perché è la loro stessa ignoranza, che regna nei loro pensieri, un complesso di paure che li porta a essere vittime di se stessi: la cattiveria è solo sintomo di insicurezza, è solo prodotta da una medesima infelicità che non può essere per sempre ‘coperta da un coperchio invisibile’, ma può essere sconfitta, con un sorriso, con un abbraccio, quasi a distruggere tutte le barriere e le strutture inculcate da una società che ci ha sempre voluti tutti uguali».

Della stessa opinione è anche il presidente dell’associazione, Bernardo Diana: «I tempi stanno maturando sempre più, per permettere finalmente, anche a chi ha subito le ingiustizie razziali di questi anni passati, il raggiungimento di una felicità sperata, cercata e fortemente voluta. Dichiararsi a se stessi è il primo passo per affrontare quel modello rigido di società che il mondo ti obbliga a seguire: alla fine, se il bullismo pesante che ho ricevuto negli anni ha semplicemente percorso il suo tempo, e l’omofobia psicologica e fisica che ho subìto fino a ora ha fatto il suo corso, ora quello che conta di più è la felicità, quella che ti permette di andare in piazza e dire al mondo intero quanto ti senti te stesso, quanto la tua sessualità non sia finalmente più un problema per nessuno, quanto il peggio sia passato».

Infine la testimonianza di Laura Maria Santonicola, ragazza trans che dopo anni di soprusi, sbeffeggiamenti e ingiurie ha trovato il coraggio di ribellarsi:e «Non c’è niente di più giusto che amare se stessi per come siamo: il bullismo, causato dal mio essere maschio troppo ‘checca’, mi ha rafforzato e reso migliore rispetto a un’ignoranza tanto infame quanto brutale. L’omofobia che ne è seguita ha gettato le basi per il mio ‘nuovo inizio’, rendendomi libera da un’impossibilità a rispecchiarmi nell’altro sesso, che mi stava divorando dentro, e la transfobia infine mi ha regalato in dono la persona che oggi sono, una di quelle che ha ancora un po’ paura dello stereotipo addossato dalla comunità odierna, ma che sa, dentro sé, di non doversi più nascondere dalla società, non doversi più vergognare del duro percorso in salita affrontato, non dover più abbassare la testa di fronte a quella ‘stranezza’ che mi ha perseguitato dal momento in cui ho capito che mi sentivo una donna, e lo ero a tutti gli effetti».

By Michele Calamaio

Leave a comment