Fotografia. Le “Architetture Criminali” di Adelaide Di Nunzio

NAPOLI – Il 27 ottobre ha aperto al pubblico “Unfinished, Architetture Criminali”, il fotoreportage di Adelaide Di Nunzio esposto alla galleria d’arte “Mediterranea”, a Napoli in via Carlo de Cesare 60. La giornata d’inaugurazione ha accolto una larga partecipazione di appassionati e neofiti della fotografia, di amici e curiosi, giovani e adulti.

L’uomo progetta, l’uomo costruisce, l’uomo abbandona. Venti fotografie in bianco e nero raccontano l’esperienza della fotoreporter napoletana nei luoghi deturpati dalle costruzioni incompiute, confiscate e abbandonate che portano la firma delle organizzazioni criminali. Un occhio attento, quello di Adelaide Di Nunzio, a cogliere l’ambiguo legame di queste strutture con il territorio circostante: da un lato lo macchiano inquinandone l’immagine, dall’altro vi si radicano fino a confondersi con esso.

Il luoghi su cui si affacciano le costruzioni protagoniste del fotoreportage attraversano tutto il Sud Italia. A chiarire il significato di questa scelta è Antonio Vesco, antropologo dell’Università di Torino, che nella presentazione della mostra offerta ai visitatori scrive: “L’intero Paese è disseminato di opere interrotte. Perché il Sud, allora? Il Sud è il luogo in cui immagini di questo tipo sono state erette a simboli, a ferite indelebili che inevitabilmente chiamano in causa l’immaginario sulla criminalità organizzata, il suo peso che grava su città, paesi, coste e campagne.”.

Quello che fa la Di Nunzio quindi va ben oltre la raccolta di immagini che ritraggono l’abuso edilizio. Le sue fotografie parlano di una realtà, quella criminale, che mortifica irrimediabilmente la natura, la trasforma e la abbandona a se stessa. La macchina fotografica è il passante, quello che alza gli occhi per guardare i giganti di cemento e le abitazioni abusive e non li accetta: li vede, si ferma e li respinge in quanto forme estranee al territorio, che non dovrebbero trovarsi dove sono.

Le immagini immortalano diverse costruzioni, tra le quali parti delle proprietà di Casal di Principe confiscate a Francesco Schiavone, ma anche opere incompiute sul territorio calabrese, pugliese e siciliano. Alcuni dei nomi dati alle fotografie richiamano quelli di opere del patrimonio storico e culturale dell’umanità, proprio per indicare la contraddizione insita nella diffusione delle architetture criminali: “Partenone” è qui una struttura industriale non finita a Reggio Calabria, così come “Piramide” è l’immagine di un albergo incompiuto del capoluogo calabrese.

La mostra, curata da Saverio Ammendola, sarà aperta al pubblico fino al 26 novembre.

Noemi Orabona

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