Fiction. Connection House, un’opportunità per Castel Volturno

NAPOLI – Ridere a Castel Volturno e di Castel Volturno, è questo lo spirito di Connection House, la prima sit-com afroitaliana interamente girata tra il litorale domitio e Napoli: 
Lorenzo, interpretato da Stefano Scognamiglio, è un giovane ricco borghese posillipino, ma l’azienda di famiglia subirà un tracollo finanziario, sarà per lui l’occasione di cambiare vita, e lo farà andando a vivere nella vecchia villetta di Castel Volturno ereditata dalla nonna, dove nessuno metteva piede da trent’anni, e che troverà ‘occupata’ da un gruppo di persone africane, capeggiate dalla badessa, interpretata da Gea Martire. Di lì la convivenza ‘forzata’ e la scoperta di un nuovo mondo che lo aiuterà anche in un percorso personale, e a recuperare e rilanciare l’attività di famiglia. Il tutto in chiave decisamente comica, leggera, tra gag esilaranti e personaggi improbabili, una vera e propria comedy che getta un fascio di luce diverso sulla realtà di Castel Volturno, in provincia di Caserta, la più africana delle città italiane.

Nel cast anche Enzo Decaro, Daniela Poggi e Stefania De Francesco, attori professionisti che hanno recitato al fianco di attori africani e italiani non professionisti. Il progetto è della Cultural Video Foundation Napoli ed è stato cofinanziato dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito del Piano di Azione e Coesione “Giovani No Profit”. A dirigere il cast due registi napoletani con esperienze in Sud America e Africa: Antonio Manco e Vincenzo Cavallo. A quest’ultimo abbiamo rivolto le nostre domande.

Vincenzo Cavallo, quale argomento affronta la serie Connection House?

«Connection House affronta il tema dell’integrazione, ma lo fa partendo da una prospettiva diversa. Abbiamo voluto raccontare Castel Volturno col sorriso sulle labbra: la nostra è una vera e propria comedy. Per noi era l’unico modo diverso e originale per raccontare questo territorio: entrando nella vita quotidiana di chi lo popola e, magari ridendone, portare alla luce un altro pezzo di realtà che i più ignorano.»

Quando e come nasce l’esigenza di raccontare storie di accoglienza e immigrazione?

«La nostra è un’idea che portiamo avanti da anni; già qualche hanno fa siamo andati sul territorio per raccogliere i nostri “appunti”. Abbiamo conosciuto Castel Volturno da un altro punto di vista, quello di chi ci abita. Lo abbiamo potuto fare anche grazie all’aiuto di Gianluca Castaldi, che da anni lavora in queste zone a difesa dei diritti degli extracomunitari. Non è un caso che la sceneggiatura l’abbiamo scritta assieme a lui ed Enrico Caria. Solo conoscendo realmente il litorale domitio si può provare a raccontarlo: farlo in maniera ironica a noi è sembrata la soluzione migliore, non solo da un punto di vista artistico, ma anche e soprattutto per far emergere il lato umano delle persone che vi abitano.»

Perché Castel Volturno?

«Castel Volturno è la più africana delle città italiane, forse europee, ovvio che il nostro progetto approdasse lì. Ma noi siamo fieri anche di aver portato lavoro sul territorio: oltre ai tre co-protagonisti della serie infatti, ben tre ragazzi africani per la prima volta hanno recitato davanti a una macchina da presa, e ogni giorno eravamo più di 30 persone sul set tra costumisti, scenografi, truccatori e altre figure professionali. La vera integrazione c’è stata ance dietro le quinte. Il nostro sogno è che la nostra fiction possa diventare seriale, stile “Un Posto al Sole”, così Castel Volturno diventerebbe una piccola cittadella del cinema con tutte le opportunità di lavoro che ne conseguono.»

Quando e dove sarà trasmessa la serie?

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«A questo stiamo ancora lavorando. Intanto abbiamo appena finito le riprese alle quali seguirà una fase di montaggio e post produzione che ci porterà a gennaio, febbraio 2016. Poi ci proporremo in giro. Il nostro comunque è un progetto cross-mediale, adatto al web, ma anche alla televisione. Pensiamo anche a una distribuzione cinematografica, unendo i vari episodi in una sorta di film. Ripeto, ci stiamo lavorando. Per ora incrociamo le dita, sperando che possa attirare l’attenzione di qualche network che possa offrirlo al grande pubblico.»

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