Autismo. Con ACFFADIR la nuova frontiera del sociale

NAPOLI – «Questa associazione è stata voluta da una mamma che, come tutte, dona se stessa ai propri figli: è unicamente grazie alla tenacia di queste donne che tutti noi possiamo sopportare il faticoso percorso che aiuta i nostri figli a compiere ogni giorno un piccolo passo avanti», queste le parole di Carlo Cotticelli, presidente dell’ACFFADIR Onlus – Associazione Ambito Campano Famiglie con Figli Affetti da Disturbo Intellettivo e Relazionale, con le quali ha espresso il concetto base della filosofia portata avanti in questi anni dai progetti dell’associazione: porsi nella posizione di voler impedire il protrarsi di una situazione emotiva, psicologica e fisica difficile da affrontare e chiamare a raccolta tutti i genitori di persone con disabilità intellettiva o relazione per ottenere, attraverso il miglioramento delle capacità percettive e neurologiche dei loro cari, un corrispondente miglioramento delle loro attese di vita.

Nata e costituita il 27 febbraio del 2009 con atto pubblico, l’associazione ha da subito impostato la sua struttura in maniera democratica (Le cariche sociali sono gratuite – ndr), operando prevalentemente su base di volontariato e senza scopo di lucro, intendendo perseguire esclusivamente finalità di solidarietà e promozione sociale. «Bisogna essere sempre operativi e cercare di aiutare concretamente i ragazzi con disabilità e le loro famiglie in difficoltà», questo è l’inno di battaglia del presidente.

Caratteristica che presentano tutti i soci fondatori, e anche quelli ordinari, all’interno della struttura societaria dell’associazione è la presenza, nel proprio nucleo familiare, di persone con disabilità autistica. Il presidente in prima persona vive sulla propria pelle la difficoltà per la condizione autistica del figlio, quasi specificando la sua veste non solo rappresentativa, ma anche effettiva.

Per conoscere tutti i progetti operativi attuali dell’associazione e le pianificazioni future abbiamo intervistato il presidente Carlo Cotticelli.

Cosa è l’autismo?

«L’autismo è senza dubbio il più grave degli handicap, perché colpisce le funzioni mentali, le più importanti della persona, senza dare segni evidenti nella fisionomia; impedisce alla persona di organizzare e di comprendere le informazioni trasmesse dai suoi sensi e in conseguenza di tale alterazione percettiva provoca un ripiegamento su sé stessi, disturbando gravemente le interazioni sociali con un comportamento di chiusura. Il particolare interesse che l’Associazione rivolge a tale sindrome è giustificata dal fatto che essa, oltre a coinvolgere le famiglie di un notevole numero di soci, da anni è al centro delle ricerche dei più avanzati istituti di neuroscienze del mondo: questi studi mostrano come i comportamenti di questi soggetti possono essere estremamente vari, passando da una quasi completa passività alla più selvaggia e distruttiva iperattività, da un totale mutismo a un linguaggio irrefrenabile, dall’incapacità a distinguere le più elementari forme del tempo all’indicare con assoluta precisione qualsiasi giorno di anni passati o a venire.»

Quali conseguenze sulla famiglia?

«Nei genitori si determina una grande preoccupazione di fronte all’estrema eterogeneità delle diagnosi, formulate magari per uno stesso soggetto, e alla spaventosa alternativa che, al mancato raggiungimento da parte dei loro figli di determinate capacità di autocontrollo, l’unica prospettiva sarebbe l’internamento a vita in un istituto».

Le attività della vostra associazione?

«Principalmente i settori che cerchiamo di permeare quotidianamente con l’ausilio delle nostre attività sono l’assistenza socio-sanitaria e sociale, passando per lo sport dilettantistico e finendo con la tutela dei diritti umani e civili in favore di persone affette da disabilità intellettiva, affinché sia loro garantito il diritto inalienabile a una vita libera e tutelata, il più possibile indipendente nel rispetto della propria dignità. L’attuale panorama degli interventi sulle disabilità intellettive e relazionali presenta una situazione altamente drammatica: da anni infatti i genitori chiedono un maggiore interessamento delle scienze mediche verso i disturbi dell’età evolutiva, e in particolar modo di passare dalle attuali soluzioni di pura assistenza, assolutamente inconcludenti, a strategie di intervento che prediligano la pedagogia riabilitativa come l’attività motoria compensativa. In questo contesto la nostra associazione porta avanti una serie di progetti regolati sulla base di un benessere comune che abbia un feedback bidirezionale, sia nei confronti della comunità, che dei principali soggetti interessati: promozione della famiglia quale risorsa fondamentale per le persone affette da disabilità intellettiva da un punto di vista riabilitativo; sostegno ai bambini affetti da altre patologie relative ai disturbi intellettivi e relazionali attraverso un processo di inclusione scolastica con percorsi e programmi individualizzati, di pedagogia speciale; supporto a ragazzi e adulti autistici attraverso un’intensa attività motoria, con la presenza di un esperto; attiva partecipazione delle famiglie nelle attività con visite specialistiche gratuite e assistenza legale e socio-sanitaria inclusa».

Progetti attuali e futuri?

«Dal 2009 in avanti abbiamo attuato una serie di progetti in autofinanziamento (Attraverso il 5×1000 – ndr); dal 2015 in poi invece abbiamo partecipato a dei bandi di progetto offerti dalla Chiesa Evangelica valdese, la quale, a differenza di quella Cattolica, destina parte degli incassi per progetti nel sociale anche al di fuori della loro struttura funzionale. Ovviamente, per avere un finanziamento, bisogna comunque essere in grado di saper ‘inventare’, anche in questi casi, un progetto credibile, con un bilancio in regola e una rendicontazione attendibile in base agli obiettivi da perseguire. I due progetti principalmente portati avanti sono stati: ”Nuoto anch’io”, un corso di nuoto a tutti gli effetti, della durata di 10 mesi, che terminerà la sua vecchia programmazione in dicembre e inizierà quella nuova grazie anche al rinnovo del finanziamento del progetto “Estate di sollievo”, una sorta di campo estivo dove alle famiglie (Caregiver, ossia il familiare che assiste una persona con disabilità – ndr) è concesso un riposo per tutte le fatiche che inesorabilmente i ragazzi malati di autismo portano. Poi ”Digitalizz-Abile”, un progetto nato dalla caparbietà di voler credere in “Meridonare”, una piattaforma di Fondazione Banco di Napoli che accoglie proposte progettuali nel meridione utilizzata per il crowdfunding, ossia la raccolta di fondi per una serie di progetti sia nel sociale che nel culturale. Con questo progetto ci auguriamo di cofinanziare l’inserimento lavorativo dei ragazzi, ampliando la semplice visione del “non riuscire a vivere solo con la pensione d’invalidità” a qualcosa che ha a che fare con il “co-housing”, ossia l’insegnamento di vita che possa permettere loro di vivere da soli, avendo comunque un supporto notturno da parte di personale autorizzato e competente».

Il segreto del vostro successo?

«Il successo dei nostri progetti e il perché della loro instaurazione è rappresentato da una costante: se le famiglie dovessero scegliere il meglio per i propri ragazzi, preferirebbero spendere costi esagerati per corsi personalizzati in cui il rapporto con il personale specializzato è di tipo 1:1 (Si legge “uno a uno” – ndr), o spalmare le proprie risorse investendo in un uno più accessibile, ma con le stesse caratteristiche e prerogative di quello personalizzabile? Se la risposta risulta essere abbastanza ovvia, le motivazioni che mi hanno spinto a creare il progetto “Digitalizz-Abile” sono, dall’altra, ancora più innovative e interessanti: da una parte c’è l’elemento della semplicità che gioca un ruolo fondamentale, perché regala un supporto ai ragazzi dettato dall’immediatezza ed elementarità del lavoro; dall’altro, l’elemento dell’unicità, che consente al progetto di annullare del tutto la concorrenza creatasi attorno. Il progetto ruota intorno alla digitalizzazione appunto di tutta la documentazione cartacea per permettere la consultazione di documenti difficilmente leggibili per la loro situazione di potenziale distruzione fisica. L’unico problema che ‘blocca’ l’inizializzazione è dato dal costo del macchinario stesso che fa la scansione di questi libri e fascicoli antichi: per poter giungere alla sostanziosa riserva monetaria di 80mila euro, entra in ballo la famoso finalità del crowdfunding come elemento imprescindibile per arrivare alla buona uscita del progetto».

Perché avete scelto di non essere accompagnati e rappresentati da volontari?

«Il mio “no” categorico ai volontari è stato dettato da una scelta razionale: i volontari sono persone che in un modo o in un altro sono costrette a ‘girare’, e quindi non possono mai arrivare a raggiungere il livello di preparazione che occorre a noi per avere una forte costanza nel tipo di lavoro che si fa. Pertanto tutte le persone che lavorano sono regolarmente pagate e stipendiate così da garantire alle famiglie, da una parte, un inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro a un costo ridotto, e dare alle persone, dall’altra, la possibilità di vivere attraverso questo lavoro. La selezione del personale pertanto è importante perché bisogna trovare persone che sappiano sia gestire i ragazzi che guadagnarsi la fiducia necessaria per fare bene il loro dovere. Si ottiene così quasi una ‘fidelizzazione’ del personale, che diventa parte di questa grande famiglia in cui tutti guadagnano: migliorano la propria attenzione nei confronti delle responsabilità, si preoccupano dello stato di salute dei ragazzi, si coordinano con gli psicologi per la gestione degli eventi e si tengono in quotidiano contatto con i genitori per risolvere problematiche di ogni genere».

Sono in programma eventi per sponsorizzare le vostre attività?

«Al momento siamo ancora una piccola realtà che serve la provincia di Caserta, ma nei primi giorni di novembre ci mettiamo in gioco ancora di più: siamo in procinto di costituire una piccola federazione, avendo la fortuna di essere in stretto contatto con le altre associazioni: abbiamo capito che un discorso federativo più permetterci di fare ancora di più rete e renderci più ‘ascoltabili’, in modo da farci sentire maggiormente dagli organi istituzionali di più alto livello. Infine, un ultimo appello va fatto ai genitori e ai caregiver dei ragazzi disabili, con i quali ancora oggi riscontro più problemi che con i ragazzi stessi, gli operatori sociali o le istituzioni: di fronte a queste tematiche, non chiudetevi a riccio nel vostro nucleo familiare, ma anzi fidatevi di noi e saremo in grado di proporre sullo sguardo del vostro ragazzo un nuovo e prorompente sorriso di speranza».

By Michele Calamaio

Comments

  1. Come genitore di persona affetta da disturbo autistico, posso solo fare un commento. Quando genitori, Associazioni, Enti Pubblici e la stessa Scuola andranno a lezione per imparare qualcosa dal Presidente Cotticelli?

Leave a comment