Ambiente. La plastica, dal mare alle nostre tavole

ROMA – La NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti d’America, un Ente spaziale nato nel 1970, attivo nel settore dei programmi per satelliti meteorologici e quindi nello studio del clima terrestre, ha pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the Royal Society B.” il risultato di una ricerca che dimostra che la plastica abbandonata a mare finisce nello stomaco dei pesci, e da lì entra nella nostra catena alimentare, rischiando di arrivare sulle nostre tavole, ma il passaggio più sorprendente della ricerca è che la plastica non è ingerita accidentalmente dai pesci, al contrario se ne nutrono attivamente, ingannati dal suo odore: i microframmenti plastici infatti, dopo essere stati in mare, assumono il profumo del cibo, quindi le narici degli animali acquatici li identificano come tale.

Tra le 50 specie di pesci che si stanno attualmente nutrendo anche di plastica, il team di ricercatori, capitanato da Matthew Savoca, ha preso in esame l’acciuga: ad alcuni banchi di acciughe è stato proposto sia un alimento classico come il krill, i piccoli crostacei di cui si nutrono molte specie di pesci e uccelli acquatici, sia i frammenti di plastica. Dunque gli esperti hanno sottoposto alle acciughe due tipi di plastica: una pulita e una che invece era stata in ammollo nell’oceano. Hanno così scoperto che le acciughe si nutrono solo delle microplastiche al ‘sapore’ di mare, perchè attratte dal loro odore.

Ma a ingannare i pesci non è la plastica, bensì la patina di alghe e diverso materiale biologico che avvolge naturalmente i detriti nel mare e che li fa profumare come cibo. Al riguardo i ricercatori hanno messo in guardia le istituzioni mondiali circa le “considerevoli implicazioni per le catene alimentari acquatiche e forse per la salute umana”.

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