Abbandono neonatale. A Potenza la culla termica per salvaguardare bambini e mamme

POTENZA – In bella mostra, nell’androne che conduce al reparto neonatologia dell’Ospedale “San Carlo” di Potenza, c’è una culletta termica salvavita, donata all’Unità di Neonatologia e Ginecologia – Ostetricia dell’ospedale dal Club di Potenza, Distretto 210 Italia dell’International Inner Wheel, e installata per far fronte ai crescenti tassi di abbandono neonatale e così permettere, alle donne che lo desiderino, di partorire in anonimato e lasciare il proprio bambino in un luogo protetto. Dunque alla precedente possibilità di partorire in anonimato, nei locali dell’azienda ospedaliera, senza quindi riconoscere il bambino all’atto della messa al mondo ma usufruendo del diritto di assistenza medico-sanitaria per il parto, si aggiunge la possibilità di lasciare il bambino all’interno delle mura dell’ospedale, anche se partorito in un luogo diverso da quest’ultimo. In questo caso infatti, la madre del piccolo può entrare nella struttura ospedaliera e adagiare il neonato nella culla tramite uno sportello, unico collegamento tra la stanza in cui la donna entra, chiudendosi una porta alle spalle, e quella termicamente isolata. Il tutto nel totale anonimato, grazie alla mancanza di videosorveglianza nella stanza e alla posizione della culletta, installata in ambiente facilmente raggiungibile dal personale, ma lontano da luoghi di passaggio. Una volta adagiato il bambino sulla culla, l’apparecchio a cui essa è collegato, avendone avvertito il peso, provvederà a inviare un messaggio telematico al reparto, permettendo al personale ospedaliero di prelevare e accudire il bambino.

Secondo le ricerche pubblicate dalla SIN, Società Italiana di Neonatologia, sono 400, su una media di circa 550.000 bambini nati in totale in Italia, i neonati ogni anno ritrovati in strada o in condizioni di abbandono, non protetti da alcun ente. In media sono uno a settimana. Non è stato possibile calcolare il numero di infanti non sopravvissuti  all’abbandono, ma il fenomeno è probabilmente più esteso di quanto si pensi.

Le maggiori interessate, il 37.5 percento, sono donne di origine straniera, nubili e di età compresa tra i 18 e i 30 anni, le quali, stando alle parole di Serena Battilomo, direttore dell’ufficio Salute della donna e dell’età evolutiva del Ministero della Salute, sono spesso coinvolte in situazioni di violenze e maltrattamenti non denunciati.

Molti ospedali della penisola, tra cui quello potentino, ed enti provinciali, hanno deciso di aderire a questo piano di intervento al fine di garantire assistenza alle partorienti e ai neonati. Il procedimento, la cui lampante utilità è permettere al bambino di ricevere le prime cure in un luogo protetto e quindi salvaguardarlo, è fondamentale anche per la madre del neonato, che in mancanza di assistenza rischia di andare incontro alla morte a causa di eventuali emorragie interne o infezioni.

Dott.ssa Battilomo, qual è il futuro di un bambino affidato alle cure ospedaliere e non riconosciuto dai genitori?

«Il neonato, una volta preso in consegna dall’ospedale e trascorsi i dieci giorni necessari affinché possa essere dichiarato l’ufficiale stato di abbandono, durante i quali la madre può decidere di riprenderlo con sé, entra con regolare emissione di “Decreto di adottabilità” nelle liste di bambini nati nel contesto giuridico dello Stato Italiano. Il suo caso viene affidato a un’assistente sociale che si occupi di attivare una serie di colloqui con le famiglie che si siano dichiarate disponibili a un’adozione nazionale, e dopo un periodo di due mesi, in cui il rischio giuridico di ritorno alla famiglia di origine o a parenti fino al 4° grado permane, viene emanato il decreto di affido preadottivo, il cui periodo minimo è di un anno, a seguito del quale è quindi dichiarata l’adozione definitiva. A differenza dei casi di bambini allontanati dalle famiglie naturali, per motivazioni di vario genere, il rischio giuridico è minore, perché spesso la madre naturale non risulta rintracciabile e perciò, nell’impossibilità di notificare il “Decreto di Collocamento Familiare”, la sentenza viene pubblicata sull’Albo Pretorio, e dopo 20 giorni i termini per un ricorso vengono a scadere.»

By Zaira Magro

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