Indesit-Whirlpool: tipica gestione industriale all’italiana

CARINARO – La Whirlpool, con i 1350 esuberi annunciati ad aprile, ha gettato nel caos gli stabilimenti, che sembrano ormai destinati a chiudere. A Caserta e Fabriano si susseguono scioperi e proteste dei lavoratori dell’azienda di elettrodomestici, che assisteranno al graduale smantellamento degli stabilimenti.

Il caso Whirlpool è solo l’ultimo di un elenco lunghissimo di vertenze. “Spesso le nostre aziende vengono acquistate da altre aziende di paesi stranieri, vengono svuotate dei macchinari e del know-how, e mai riaperte”, si legge nel rapporto presentato nel 2013 da Eurispes, dal titolo inequivocabile: “Outlet Italia. Cronaca di un paese in (s)vendita”. Whirlpool in tal senso agisce contro i termini dell’accordo stipulato prima dell’acquisto, in cui la si vincolava a non licenziare personale fino al 2018.

I lavoratori infuriati protestano, soprattutto a Caserta, bloccando il traffico, occupando stazioni, salendo sul tetto dell’impianto, fino al caso limite dell’operaio che si è incatenato ai cancelli della fabbrica. La situazione è infatti drammatica per la città, che oltre a 800 futuri disoccupati, vedrà il suo polo industriale ridotto praticamente a zero, trovandosi quindi a fronteggiare una recessione senza vie d’uscita.

La sorte subita dalla Indesit, ora Whirlpool, è la stessa di 437 aziende che tra il 2008 e il 2012 sono state vendute a multinazionali estere. I marchi dei quali l’Italia si è sempre fregiata sono ormai in mani straniere: Algida, Negroni, Perugina, Sanpellegrino, Levissima, Panna, Invernizzi, Saiwa e sono solo alcune delle aziende che ora si distribuiscono tra le potentissime multinazionali Unilever, Kraft e Nestlè. Persino un’industria sudafricana si è appropriata di Peroni e Nastro Azzurro, mentre sul versante automobilistico la Ducati e la Lamborghini sono state inglobate dalla tedesca Volkswagen. Il nostro settore moda, invidiato dal mondo? Valentino, Gucci, Fendi, Bulgari, Sergio Tacchini e molte altre ancora sono firme che di italiano ormai hanno solo il nome.

Il fatto che l’industria italiana di qualità sia stata fatta a brandelli dagli investimenti esteri, viene descritto chiaramente in “Outlet Italia”. La crisi economica del 2008, l’incapacità di adattamento dell’economia italiana e la cattiva legislazione sul lavoro hanno messo in ginocchio il fior fiore delle aziende italiane, sulle quali si è gettato vorace il mercato mondiale. Come spiega il documento: “l’afflusso di capitali esteri nel nostro Paese non è quindi avvenuto secondo le normali regole di mercato e le aziende si sono dovute piegare a una vendita sottocosto rispetto al loro valore reale”, nel totale disinteresse dello Stato. E oggi, a pagarne le conseguenze, sono i lavoratori.

By Cecilia Dapor

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